Congedo di maternità
Ferma restando la durata complessiva del congedo di maternità, che è di cinque mesi, le lavoratrici hanno la facoltà di astenersi dal lavoro a partire dal mese precedente la data presunta del parto e nei quattro mesi successivi al parto, a condizione che il medico specialista del Servizio sanitario nazionale o con esso convenzionato e il medico competente ai fini della prevenzione e tutela della salute nei luoghi di lavoro attestino che tale opzione non arrechi pregiudizio alla salute della
gestante e del nascituro.
In caso di parto prematuro i giorni di astensione obbligatoria non goduti prima del parto si aggiungeranno al periodo di astensione obbligatoria successiva al parto.
Prima dell'inizio del congedo di maternità la lavoratrice dovrà presentare all'Ente datore di lavoro la seguente documentazione:
- Domanda su apposito modulo predisposto dall'INPS;
- Certificato medico di gravidanza indicante, fra l'altro, il mese di gestazione alla data della visita e la data presunta del parto;
- La lavoratrice, per usufruire dei diritti conseguenti al parto, deve inoltrare all'Ente datore di lavoro e all'INPS, entro 30 giorni dall'evento, il certificato di nascita del bambino o dichiarazione sostituiva.
Trattamento economico
Per tutto il periodo di congedo di maternità, la lavoratrice percepirà una indennità giornaliera pari all'80% della retribuzione a carico dell'Istituto previdenziale, anche in attuazione degli articoli 7, comma 6 e 12 comma 2 del T.U. 152/2001. Il congedo di maternità è computato nell'anzianità di servizio a tutti gli effetti, compresi quelli relativi alla tredicesima
mensilità o alla gratifica natalizia e alle ferie. Per il medesimo periodo di congedo, la lavoratrice avrà diritto a percepire dall'Ente datore di lavoro, la 13.a mensilità limitatamente all'aliquota corrispondente al 20% della retribuzione di cui all'art. 43. Per le festività cadenti nel predetto periodo la lavoratrice percepirà dall'Istituzione una indennità integrativa di quella a carico INPS, in modo da raggiungere complessivamente il 100% della retribuzione giornaliera.
Riposi giornalieri
Durante il primo anno di vita del bambino la lavoratrice madre ha diritto di usufruire di due riposi giornalieri retribuiti di un'ora ciascuno. Nel caso di orario giornaliero inferiore a 6 ore spetterà un solo risposo di un'ora.
I riposi di cui sopra spettano al padre lavoratore qualora la madre non se ne avvalga o non sia lavoratrice; gli stessi sono considerati ore lavorative agli effetti della durata e della retribuzione. La donna può uscire dall'Ente.
In caso di parto plurimo, i periodi di risposo sono raddoppiati e le ore di permesso aggiuntive possono essere utilizzate anche dal padre.
Divieto di lavoro notturno
Dall'accertamento dello stato di gravidanza e fino al compimento di un anno di età del bambino, la lavoratrice non potrà essere adibita a lavoro dalle ore 24.00 alle ore 6.00.
Fino a tre anni di età del bambino, la lavoratrice madre o in alternativa il padre convivente non sono obbligati a prestare lavoro notturno.
Fino ai dodici anni di età del figlio purché convivente, la lavoratrice o il lavoratore unico genitore affidatario non sono obbligati a prestare lavoro notturno.
Non sono altresì obbligati a prestare lavoro notturno la lavoratrice o il lavoratore che abbiano a carico un soggetto disabile ai sensi della L. 5 febbraio 1992 n. 104.
Divieto di licenziamento
Le lavoratrici non potranno essere licenziate dall'inizio del periodo di gravidanza fino al termine del periodo di congedo di maternità, nonché fino ad un anno di età del bambino salvo i casi previsti dall'art. 54 del D.Lgs. 26.3.2001 n. 151. Il divieto opera in connessione con lo stato oggettivo di gravidanza; pertanto la lavoratrice eventualmente licenziata durante il periodo di divieto, ai fini della reintegrazione, è tenuta a presentare al datore di lavoro idonea certificazione da cui risulti
l'esistenza, all'epoca del licenziamento, delle condizioni che lo vietavano.
Divieto di sospensione dal lavoro
Durante il periodo in cui opera il divieto di licenziamento, la lavoratrice non potrà essere sospesa dal lavoro salvo il caso di sospensione dell'attività dell'Ente o del reparto cui essa addetta, purché dotato di autonomia funzionale.
I predetti divieti operano anche nei confronti del padre lavoratore, nei casi in cui la legge consente allo stesso la fruizione del congedo di paternità.
Diritto al rientro
Al termine del congedo di maternità la lavoratrice ha diritto, salvo espressa rinuncia, di rientrare nella stessa unità produttiva ove era occupata all'inizio della gravidanza o in altra ubicata nello stesso Comune e di permanervi fino al compimento di un anno di età del bambino, con le stesse mansioni o mansioni equivalenti.
Lo stesso diritto compete al padre lavoratore che abbia usufruito del congedo di paternità.
Dimissioni
Nel caso di dimissioni volontarie presentate durante il periodo di operatività del divieto di licenziamento, compete alla lavoratrice lo scatto di anzianità previsto dall'art. 48 e ad una indennità pari a quella spettante in caso di preavviso secondo le modalità previste dall'art. 72. Tale diritto compete al padre lavoratore che abbia usufruito del congedo di paternità. La disposizione trova applicazione anche nel caso di adozione o affidamento, entro un anno dall'ingresso del minore nel
nucleo familiare. La risoluzione del rapporto di lavoro è condizionata alla convalida delle dimissioni da parte
dell'Ispettorato del lavoro competente per territorio.
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